
Io e gli altri compagni dell'Emilia Romagna stiamo bene. Siamo rimasti praticamente bloccati in albergo dal primo giorno ad ora, conoscendo bellissime persone con lo stesso intento di lotta, resistenza, voglia di fare qualcosa di diverso per la Palestina, quindi passato il primo giorno di conoscenza e curiosità per quello per cui siamo venuti qui: marciare verso Rafah e chiedere l'apertura del valico in modo permanente per far passare finalmente, dopo mesi di blocco totale da parte della forza occupante sionista, gli aiuti necessari per la sopravvivenza dei Gazawi allo stremo.
Il 13 giugno pronti a muoverci in attesa di indicazioni dal coordinamento internazionale, arriva la comunicazione sul canale ufficiale della Marcia di partire tutt* per Ismailia; dopo 5 minuti giunge un contrordine dal coordinamento nazionale italiano di non muoversi perché la decisione è stata presa arbitrariamente solo da alcune delegazioni nazionali mentre la maggioranza delle altre restava al Cairo, per poi scoprire ormai troppo tardi che invece la maggioranza era tutta lì, accerchiata dall'esercito egiziano.
Così di fatto la nostra delegazione è rimasta indietro e ha preso le distanze dal resto del movimento che ha deciso di andare e di conseguenza il resto del movimento da noi, con cui poi si è tentata una ricucitura, anche se chi ha preso la decisione di partire giá il giorno dopo l'arrivo senza aspettare neppure un giorno di tentativi di negoziazione con le autorità locali - forse perché presumeva che tanto non sarebbe mai arrivata alcuna autorizzazione - ma giocandoci comunque sin da subito qualsiasi eventuale possibilità di perseguire l'obiettivo di provare a raggiungere Rafah con tutti i solidali della marcia.
Il governo egiziano nella sua piena complicità col regime sionista - pronto a scagliarsi con toni violenti e minacciosi contro chiunque avrebbe partecipato a questa marcia, solo dopo pochi giorni dal sequestro illegale della Freedom Flotilla e in contemporanea all'attacco militare incommentabile contro l'Iran- ha represso ogni iniziativa (e probabilmente lo avrebbe fatto comunque) e anche solo l'avvicinarsi ad ambasciate e consolati è stato motivo per essere arrestati e deportati, e effettuando espulsioni sin dall'arrivo in aeroporto, soprattutto se di origine di paesi nordafricani e mediorientali, mentre la marcia Sumud è bloccata e accampata nel deserto libico ma senza mollare la speranza di poter ripartire verso Rafah.
A parte all'interno del proprio gruppo regionale, è stato complicatissimo al Cairo anche solo trovarsi fisicamente con i membri delle altre delegazioni regionali e internazionali, se non in piccoli gruppetti all'interno di parchi pubblici o di hall di alberghi dove confrontarsi e proporre idee d'azione, sempre controllati a vista da polizia ed esercito. L'unica azione simbolica ad ora col nostro gruppetto è stata quella di fotografarci velocemente davanti alle Piramidi con la bandiera palestinese e l'anguria, simbolo di resistenza palestinese, solo perché luogo affollato di turisti che ci mimetizzavano... anche se stiamo cercando di boicottare il più possibile il mercato del turismo egiziano (non andando in locali, comprando merchandising, andando a visitare musei, etc).
E' il minimo visto che non siamo venuti qui certo per fare turismo, mentre a poche centinaia di chilometri da qui i palestinesi continuano a essere massacrati e affamati, e col buio all'orizzonte vediamo piovere i missili iraniani sulla terra occupata da un potere che brucia tutto intorno a sè senza alcuna remora e pietà. La delusione e la rabbia è tanta ma non per questo vogliamo concedere la vittoria a chi vorrebbe il fallimento in toto di questa iniziativa nobile nata dal basso e sfumata anche per dinamiche interne non sempre trasparenti nei confronti della base talvolta sentitasi abbandonata a se stessa e confusa da ordini e contrordini, informazioni nebulose, mille videochiamate e assemblee da cui uscivano proposte che si schiantavano continuamente contro muri di repressione.
La Global March to Gaza qui, oggi, ha dichiarato la fine della missione con l'intento di riorganizzarsi e lanciare iniziative coordinate una volta che tutti siano tornati alle proprie case anche contro i propri governi e istituzioni (come ad esempio il parlamento europeo a Bruxelles...) complici del sionismo, ma ancora restiamo con chi c'è e vuole ed è possibile fin la data prestabilita del 20 giugno, per provare a organizzare qualcosa che possa anche avere in minima parte un valore e una testimonianza solidale nei confronti del popolo palestinese, ma non solo, anche nei confronti di quello egiziano che da almeno un anno non puó nemmeno più manifestare, ma che nemmeno vogliamo mettere in pericolo con la nostra presenza attiva.
Viva la Palestina libera! Viva i popoli liberi!
Global March to Gaza
Nik
Il Cairo, 16 giugno 2025
Lascia un commento
Il tuo indirizzo email non sarà pubbblicato